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Registrare società a Hong Kong per svolgere operazioni in Cina

Perchè molti investitori stranieri costituiscono a Hong Kong una holding o una società commerciale per l’approvvigionamento o la vendita di prodotti e/o servizi in Cina?

Nel 2009, Hong Kong ha rappresentato più della metà (54 miliardi di dollari americani) del totale degli investimenti diretti esteri in Cina (90 miliardi di dollari americani) registrando un aumento annuale del 31,6%. Secondo l’Ufficio Nazionale Cinese delle Statistiche, tra il 1990 e il 2009 quasi il 45 per cento del totale degli investimenti diretti esteri in Cina è stato veicolato da Hong Kong.

Secondo “L’indice di libertà economica” – pubblicato annualmente dal Wall Street Journal e dall’Heritage Foundation – nel 2010 Hong Kong risulta al primo posto della classifica (per il 16° anno consecutivo).

Dal 1997, momento della sua riunificazione con la Cina, la Regione Amministrativa Speciale di Hong Kong ha rafforzato costantemente la sua posizione strategica per gli investitori stranieri interessati a entrare nel mercato cinese. Tra le chiavi di questo successo spiccano:

  • stabilità politica e forte propensione ai principi di libero mercato
  • legislazione di stampo anglosassone (common law) e sistema legale indipendente
  • capitale umano tra i migliori di tutta l’Asia
  • adozione dell’inglese come lingua ufficiale, oltre al cantonese.

Vantaggi principali nell’utilizzo delle società di Hong Kong

Hong Kong è una piattaforma perfetta per stabilire la sede centrale di una società al fine di realizzare operazioni nel resto dell’Asia.

  1. La registrazione societaria è ottenibile in pochi giorni lavorativi e le pratiche legali e burocratiche sono piuttosto limitate.
  2. L’aliquota standard delle imposte sugli utili a Hong Kong è del 16,5% e l’imposta sui salari è tra le più basse al mondo; non c’è imposizione sulle plusvalenze, sui dividendi o sugli interessi, sulle vendite, sulle importazioni o IVA (eccetto che per alcool, idrocarburi e tabacco). È inoltre possibile ottenere l’esonero totale dell’imposta sui profitti per gli utili generati da operazioni al di fuori di Hong Kong.
  3. Una sub-holding di Hong Kong può essere utilizzata come cuscinetto di sicurezza per proteggere la casa madre dal legame diretto con una sussidiaria localizzata in una giurisdizione considerata a rischio.
  4. Una società registrata a Hong Kong come holding è utile per la strutturazione e ripartizione delle quote societarie, come sub-holding può accogliere nuovi azionisti senza coinvolgere la casa madre e gestire la ripartizione dei dividendi ed eventuali disinvestimenti (anche in considerazione del fatto che tali entità possono essere poi facilmente vendute, ristrutturate o deregistrate).
  5. È consentito costituire una società a responsabilità limitata “virtuale”. In altre parole, non serve che una società possegga un ufficio reale, ma basta che abbia un indirizzo legale, nè è richiesto un minimo di impiegati. È richiesta la presenza di un “segretario aziendale” (company secretary) che ha il compito di conservare i documenti della società e di mantenere la società in conformità alle normative di Hong Kong. La società è tenuta infine a preparare un documento di rendicontazione per la dichiarazione dei redditi e sottoscrivere un report sul bilancio annuale preparato da uno studio di commercialisti.

Viste le limitate pratiche burocratiche richieste, una moltitudine di società di consulenza, contabilità e studi legali offrono servizi di costituzione e mantenimento (incluso la fornitura di indirizzo legale, di company secretary e di gestione contabile e fiscale) a prezzi molto contenuti. Si raccomanda tuttavia di affidarsi a società accreditate visto che:

  • come in molti altri paesi, non essere a norma di legge può rivelarsi dispendioso
  • gestire una società a Hong Kong dall’Europa, richiede un alto livello di fiducia nei confronti del proprio consulente.

Holding registrate a Hong Kong

Hong Kong ha una giurisdizione separata dalla Cina con un regime fiscale, legale e finanziario ben distinto.

I cosiddetti “Special Purpose Vehicle” (SPV) sono delle entità stabilite in una regione che presenta un regime fiscale favorevole e che permettono all’investitore di fare degli investimenti transfrontalieri fiscalmente efficaci.

Le holding registrate a Hong Kong e finalizzate agli investimenti in Cina, beneficiano anche di altri specifici vantaggi:

  • un tasso preferenziale del 5 per cento (anziché del 10 per cento standard) sulle ritenute d’acconto per il rimpatrio dei profitti maturati dalla controllata cinese
  • grazie al Closer Economic Partnership Arrangement (CEPA) tra Hong Kong e Cina, le società che soddisfano determinati requisiti (che come vedremo più avanti sono però sempre più stringenti) possono beneficiare dell’esenzione delle tariffe doganali sul 90 per cento dei beni prodotti a Hong Kong e destinati alla Cina continentale, nonché un accesso al mercato cinese agevolato per le società che operano nel campo dei servizi (anche in settori ristretti a investitori stranieri in genere).

Società commerciali

Hong Kong è spesso utilizzata come piattaforma commerciale regionale da molte società internazionali e piccole medie imprese operanti in Asia, o da società che curano approvvigionamenti o vendita in Cina e altri mercati asiatici emergenti.

Società straniere impegnate in attività di sourcing hanno spesso la sede “asiatica” e direzionale a Hong Kong e mantengono piccoli uffici regionali, nelle vicinanze degli stabilimenti dei propri clienti o fornitori in Cina continentale o altrove in Asia, con una struttura molto leggera sul campo e pochi impiegati locali impegnati in semplici operazioni di controllo qualità o ricerca di fornitori e clienti.

Anche le società interessate a vendere in Cina hanno spesso bisogno di una presenza sul territorio cinese per la ricerca di distributori, la promozione dei propri prodotti e l’eventuale gestione di un proprio showroom.

La tendenza attuale, tuttavia, è quella di “delocalizzare” le proprie operazioni da Hong Kong alla Cina continentale, in modo da ridurre i costi e sfruttare il potenziale di crescita economica sempre più decentrata verso la Cina continentale piuttosto che a Hong Kong.

D’altro canto, il sistema legale cinese sta diventando sempre più “navigabile” e di conseguenza il numero di società straniere grandi e piccole presenti localmente continua ad aumentare. Inoltre le autorità cinesi continuano a premere sugli investitori stranieri perché questi si registrino e contribuiscano all’erario della giurisdizione in cui vengono effettivamente svolte le operazioni.

Aumenta il controllo fiscale cinese

E’ bene notare che le autorità cinesi e specialmente la State Administration of Taxation (SAT) stanno diventando sempre più severe nei confronti delle società di Hong Kong che operano in Cina, quando queste lo fanno esclusivamente per motivi di elusione fiscale.

Secondo l’articolo 2 dell’attuale legge cinese sull’imposta sul reddito societario, una società offshore può essere considerata come “residente fiscale della Repubblica Popolare Cinese” secondo il principio del luogo dove avviene realmente la gestione delle operazioni.
In altre parole, gli investitori stranieri che utilizzano una società registrata a Hong Kong per realizzare le loro attività commerciali, ma che di fatto operano attraverso una sede amministrativa, uffici e/o personale basati nella Cina continentale potrebbero essere considerati soggetti alle imposte sul reddito della società in Cina, in relazione agli utili generati anche dalle loro società di Hong Kong o in altre piazze offshore.

Grazie alle regolamentazioni implementative in relazione agli aggiustamenti fiscali speciali, (circolare 2 del 9 Gennaio 2009), il SAT ha fornito una base normativa più rigida che nega la concessione dei benefici fiscali derivanti dall’accordo sulla doppia imposizione agli SPV che hanno scarsa “sostanza economica” (Articolo 49).

Nel Febbraio 2009 il SAT ha rilasciato la Circolare 81 (Guoshuihan [2009] No. 81) per specificare il regime preferenziale vigente sulle ritenute d’acconto in Cina, applicabili al rimpatrio dei dividendi. Come menzionato in precedenza, l’accordo Cina – Hong Kong contro la doppia imposizione, permette alle società di Hong Kong di avere un tasso più basso sulle ritenute d’acconto per il rimpatrio dei dividendi. La circolare è finalizzata a evitare che le società non in possesso di residenza fiscale reclamino agevolazioni sulle tasse cinesi e vantaggi attraverso accordi sulle pratiche di acquisto, riflettendo quindi l’attuazione della lotta all’evasione fiscale contro l’uso degli SPV.

Secondo la Circolare 81, al fine di godere dei benefici dell’accordo contro la doppia imposizione, i destinatari dei dividendi devono essere:

  • fiscalmente residenti nella giurisdizione di riferimento (in questo caso la Regione ad Amministrazione Speciale di Hong Kong)
  • i beneficiari legittimi dei dividendi stessi
  • riconosciuti come tali dalla legge della Repubblica Popolare Cinese.

La Circolare 81 autorizza inoltre gli uffici delle imposte cinesi a esaminare ed eventualmente negare i benefici del trattato se l’esistenza degli SPV è considerata fine a se stessa.

Un’altra disposizione fondamentale, Guishuifa [2009] No. 82, è stata emanata il 2 Aprile 2009. La circolare afferma che una società offshore posseduta in maggioranza da azionisti cinesi, è soggetta a tassazione come residente fiscale nella Repubblica Popolare Cinese se:

  • la sede principale della gestione operativa è in Cina
  • le decisioni concernenti gli aspetti finanziari e la gestione delle risorse umane sono approvate in Cina
  • gli Assets, libri e registri contabili, timbri della società, sono localizzati in Cina e le decisioni dell’amministrazione e degli azionisti avvengono di fatto in Cina
  • il 50 per cento o più dei membri votanti del CdA o i dirigenti “senior” dell’azienda sono residenti in Cina.

Pur non comparendo nella lista dell’Organizzazione per la Cooperazione Economica e lo Sviluppo (OECD) sulle giurisdizioni a rischio, alcuni Paesi, tra cui l’Italia, considerano ancora Hong Kong come un puro “paradiso fiscale”.

Le autorità fiscali italiane, infatti, prestano solitamente particolare attenzione nel verificare ogni transazione da e per Hong Kong pretendendo che i cittadini o le società italiane che vi svolgono attività commerciali forniscano documentazione che dimostri la reale esistenza di sostanza economica delle loro transazioni commerciali o della realtà societaria.

D’altro canto, gli ultimi anni, hanno visto un notevole aumento di accordi contro la doppia imposizione fiscale tra Hong Kong e diversi Paesi tra cui l’Austria, il Belgio, il Brunei, l’Ungheria, l’Indonesia, l’Irlanda, il Kuwait, il Liechtenstein, il Lussemburgo, l’Olanda, la Repubblica Popolare Cinese, la Tailandia, il Regno Unito e il Vietnam.

Rosario Di Maggio

Pubblicato su www.newsmercati.com


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